Il 12 novembre si è svolto a Napoli un convegno sul tema “Governance Territoriale”. Relatori: G. Biondi, A. Cozzolino, T. D’Aponte, B. Gravagnuolo, U. Marani, G. Cundari. Moderatore: A. Velardi. Presente al dibattito anche l’on. A. Bassolino
Le riflessioni dei presenti, considerate come “note a margine” sul volume “Pianificazione, Paesaggio, Governo del Territorio” di G. Cundari, hanno messo in evidenza la necessità di un nuovo meridionalismo che parta da una governance “campana” intesa come coordinamento dei vari soggetti operanti sul territorio, istituzionali e non, pubblici e privati, al fine di promuovere lo sviluppo locale sostenibile. Secondo i relatori, potenziando le capacità del “sistema territorio” a livello economico, politico e culturale, sarà finalmente possibile pensare, progettare ed operare mediante una visione unitaria. Senza tali premesse, l’ attuazione dei progetti in tempi brevi è impossibile per il gap tra pianificazione e politica. Occorre inoltre un’etica delle responsabilità condivise: fare politica secondo Plutarco, “è obbligo morale per chi ha il senso dell’etica”( Biondi).
Rilevante il tema della vivibilità delle città alle quali bisogna “restituire centralità” con politiche innovative su paesaggio, manutenzione e conservazione, seguendo l’esempio di altri paesi europei, per cui occorrono nuove leggi per potenziarne la vivibilità e far così affluire i fondi europei (D’Aponte, Cozzolino). Imperante è pertanto il bisogno di una maggiore concretezza, poiché un progetto è valido solo se è fattibile, senza confusione tra” logico ed ideologico”(Gravagnuolo) e quindi i successi urbanistici europei, in particolare quelli di Berlino e Barcellona, più volte citati anche nel libro di G. Cundari, sono molto lontani dalla nostra realtà, proprio per mancanza di governance territoriale (Marani).
I relatori, pertanto, pur evidenziando palesi insuccessi ( come la gestione rifiuti), hanno elencato alcuni importanti risultati: ampliamento della metropolitana, iniziative culturali (nuovi musei, Forum delle Culture, ecc) e soprattutto il primo Piano Regionale, varato nel 2008.
L’incontro si è concluso con un lungo discorso di Bassolino che ha individuato tra le principali cause dei fallimenti un’ottica molto provinciale rispetto all’apertura mentale dei paesi europei, la conflittualità tra i partiti, il rifiuto di condividere pesanti responsabilità, l’assenza di investimenti e soprattutto una” governance che non è in Campania, ma fuori di essa”. Conclusione alquanto sibillina, poiché molti non addetti ai lavori, come la sottoscritta, si sono chiesti “e allora dov’è ora questa governance?”. Come si può lasciare che una città come Napoli perisca tra i rifiuti?
Il convegno sembrava concluso, quando un piccolo imprenditore con insistenza ha chiesto la parola ed ha iniziato il suo discorso, affermando: – Mi son reso conto dei cambiamenti in atto quando i miei dipendenti si son schierati a destra, mentre io continuo a sostenere la sinistra -. Che dire? La gente è confusa e forse lo è anche il mondo politico. Forse più che chiedersi “che cos’è di destra e cos’è di sinistra”(come nella famosa canzone di Gaber), bisognerebbe saper distinguere tra “ giusto e ingiusto, legale e illegale, onesto e disonesto”. Le ideologie sono crollate sotto i colpi delle speculazioni economico-finanziarie globalizzate che ingoiano i risparmi di tanta gente e buttano sul lastrico i lavoratori europei dislocando la produzione nei paesi sottosviluppati nei quali sfruttano manodopera a basso costo, risorse locali e quant’altro. Forse è arrivato il momento d’individuare obiettivi trasversali perseguibili da “tutti i politici onesti”aldilà dei diversi schieramenti: lotta contro criminalità, corruzione e sistema clientelare, difesa dei diritti conquistati dai lavoratori, nonché di quelli umani e civili, cambiamento di rotta nelle politiche nazionali ed internazionali. Come si può avere la governante di un territorio, a livello regionale e nazionale, senza tali premesse? Così mentre il film di Martone “Noi Credevamo” dimostra con una seria ricostruzione storica il contributo di lacrime e sangue di tanti meridionali che lottarono per l’unità della nazione, noi diciamo “basta, cerchiamo di cambiare musica!” Quali gli strumenti? Forse istruzione, occupazione, legalità, maggiore equità sociale…. tanto per iniziare? E allora se il Sud è ancora una parte d’Italia, perché ridurlo solo ad un “serbatoio” di voti per la politica?