La prima pila atomica sul pianeta terra si era accesa in maniera completamente naturale, in una località africana del Gabon, circa 2 miliardi di anni fa, quando i batteri erano l’unica forma di vita sulla terra. Il fatto che sia stato possibile scoprirla, a distanza di così tanto tempo ci dice che tipo di eredità lasceremo, non solo alle future generazioni, ma anche alle future forme di vita.
L’energia nucleare e` stata “liberata” per la prima volta da un Italiano, il grande Enrico Fermi, che il 2 Dicembre del 1942, a Chicago, per la prima volta accese una reazione a catena controllata, ottenendo energia dai nuclei di Uranio. Da allora la tecnologia ha fatto enormi progressi, ma la sostanza non è cambiata: il combustibile è un certo isotopo dell’Uranio e dunque il tipo di residuo (scorie) della reazione è sostanzialmente lo stesso. L’energia nucleare da Uranio presenta dei problemi intrinseci e problemi legati alla particolare situazione italiana. Il problema fondamentale, di natura economica e tecnica, è la disponibilità di uranio fissile nei prossimi anni. In Italia c’è solo una modestissima quantità di minerali di uranio, in provincia di Sondrio e in provincia di Bergamo, per di più in aree soggette a vincolo naturalistico. Dovremmo dunque dipendere dal combustibile importato, proprio come per il petrolio. Per di più, non abbiamo in Italia neanche l’equivalente delle raffinerie. Sostanzialmente, quindi, ospiteremmo sul nostro territorio una tecnologia per produrre elettricità. C’e` da domandarsi se il territorio, con le sue infrastrutture, tecniche, politiche e sociali, sia il più adatto a ospitare le centrali nucleari. La mia risposta è no: il territorio italiano è altamente sismico, la probabilità di un evento catastrofico in un periodo di circa 40 anni e` molto elevata. Inoltre, le centrali nucleari devono essere costruite in prossimità di grandi quantità di acqua: il maremoto non è un effetto solo giapponese: sappiamo, per esempio, che fu proprio un maremoto a distruggere la civiltà minoica, qui nel mediterraneo, appena 3500 anni fa. Anche sui laghi, l’effetto Vajont (un pezzo di montagna è caduto in un lago artificiale, in provincia di Belluno, cancellando 3 paesi interi, nel 1953, con 1910 morti) non è assolutamente da trascurare. Certo, vedere esplodere le centrali giapponesi, una dopo l’altra, fa pensare. Possiamo escludere che questo succeda alle future centrali in Italia ?
C’è poi il problema politico-sociologico: il nostro paese non è, in questo momento, in grado di trattare normalmente i rifiuti urbani, come dimostrano le situazioni di Palermo e Napoli. Speriamo che il nuovo sindaco, De Magistris, riesca a normalizzare una situazione che era diventata cronica, ma anche la gestione dei rifiuti industriali è in parte in mano alla malavita organizzata. In questo contesto, aggiungere un’ulteriore sorgente di rifiuti altamente tossici pare del tutto inappropriato: cosa succederebbe se anche una piccola quantità di materiale radioattivo arrivasse, in modo legale o illegale, nelle mani di una qualche mafia ? Siamo in grado di garantire che questo non avverrà ? Poi c’è il discorso del controllo di qualità nella costruzione degli impianti: l’Italia e` un paese ad alta corruzione: ospedali e scuole sono stati costruiti risparmiando sui materiali, senza collaudi seri, e sono crollati al primo terremoto: vedi l’Aquila, vedi San Giuliano di Puglia. La produzione e il commercio del cemento sono in parte mano alla malavita organizzata. Possiamo garantire, con l’attuale sistema legale e di controllo, che degli impianti pericolosi come le centrali nucleari verranno costruiti a regola d’arte, in un periodo di crisi in cui si cerca di tagliare su tutto, inclusa la sicurezza sul lavoro ? La mia risposta è ancora una volta no: finché non avremo eradicata la corruzione e rieducato una gran parte della popolazione, soprattutto la cosiddetta classe politica, a un comportamento civico non possiamo permetterci di costruire impianti che sono pericolosi per noi e per le future generazioni.
Ora c’è il punto di vista economico: l’Uranio, per fortuna, si trova in frazione molto diluita nei minerali: scavando una tonnellata di roccia in una buona miniera di Uranio si produce, se tutto va bene, appena 700 grammi del prezioso e radioattivo materiale fissile, ma si può arrivare a raccogliere solo 70 grammi per tonnellata, di cui solo l’1% circa produce energia nucleare, con un 30% di efficienza di conversione in energia elettrica. A questo punto è chiaro un limite: se l’Uranio è troppo diluito, si spende più energia a scavare, triturare, raffinare il minerale, separare gli isotopi, preparare il combustibile e trasportarlo alle centrali, di quanta energia sia estratta dall’Uranio. E` vero che il costo del combustibile incide per solo l’1% sul costo dell’energia prodotta, ma è proprio questa perversione economica: che ci ritroveremmo a usare una tecnologia in perdita energetica. E` come se usassimo i cavalli per trainare un’automobile: saremo comunque dipendenti dal petrolio per ottenere l’Uranio. L’Uranio non solo sarà un combustibile in perdita energetica, ma sarà anche oggettivamente scarso nel momento in cui le nuove centrali potrebbero entrare in funzione.
Non si può però solo dire no, dobbiamo dire anche con quale energia vogliamo far progredire la nostra economia. Abbiamo una bellissima centrale a fusione nucleare, a una distanza di sicurezza di 150 milioni di chilometri, che genera 3.8×10^17 GW di energia, di cui circa 1.3 kW al metro quadro arriva alla terra, e circa 200 W al metro quadro arriva qui giù da noi, al livello del mare. Gli impianti a concentrazione, il cosiddetto solare termodinamico, possono raggiungere un’efficienza del 50% già oggi. Basterebbe una superficie relativamente piccola, situata in una zona desertica a soddisfare l’intero fabbisogno della nostra società in Europa. Ovviamente, a medio termine l’eliminazione degli sprechi e la razionalizzazione dei trasporti potrebbero portare a un risparmio energetico pari all’energia prodotta da alcune centrali. L’energia eolica è un’altra forma di energia solare, che può avere degli ottimi sviluppi in Italia, se usata con giudizio. Occorre investire massicciamente capitale pubblico a livello italiano o europeo, sia in sviluppo delle soluzioni esistenti, sia in ricerca per migliorare l’efficienza dei convertitori solari, per far partire al più presto questa riconversione energetica che renda non necessarie le centrali nucleari, ovunque in Europa. E` per questo che ho votato SI al referendum sul nucleare in Italia
Saverio D’Auria – nato a Benevento Fisico e Ricercatore presso il CERN di Ginevra